Don Giovanni Simonetti, esempio di fede e sacrificio

Don Giovanni Simonetti

di Lamberto Pigini

Don Giovanni Simonetti è entrato nella Casa del Padre il 26 febbraio 2015, lasciando veramente un vuoto incolmabile in tante persone che lo ricordano sempre con affetto e lo rimpiangono. Tutta la sua vita, fin dai tempi della scuola media, è stata un continuo esempio di fede e di spirito di sacrificio: era, tra l’altro, sempre il primo della classe.

Ricordo che terminata la teologia non ha potuto ricevere gli ordini sacri insieme a tutti noi del seminario perché ammalato: si era dovuto ricoverare per un anno in un ospedale per religiosi ad Arco, nel Trentino. La sua ordinazione sacerdotale è stata rimandata all’anno successivo. Ha svolto la sua missione pastorale soprattutto nella scuola perché, specializzato in teologia e filosofia, aveva una cultura superiore a quella di tanti altri.

È stato professore di filosofia al Liceo classico di Recanati: erano proprio tanti gli allievi che lo cercavano e lo andavano a trovare nelle ore del pomeriggio per discutere con lui su tante tematiche. Era capace di rendere semplice ogni argomento e di approfondirlo spaziando in tutte le discipline, anche scientifiche. Quando ebbe dal Vescovo l’incarico di Rettore della chiesa di Sant’Agostino di Recanati, iniziò a conoscere i fedeli stringendo nel tempo tanti contatti personali. Erano in molti ad incontrarlo e a parlare con lui, che aveva sempre una parola adatta per ogni circostanza.

Le sue ore del giorno e fuori dalla scuola le trascorreva tutte nella chiesa di Sant’Agostino e quando lo si cercava, lo si poteva trovare sempre in una piccola stanza della sagrestia a lavorare con il computer per le sue ricerche storiche: era molto appassionato della storia locale e delle antiche tradizioni popolari ma, soprattutto era un grande conoscitore della storia e delle tradizioni di ogni chiesa di Recanati.

Per tanti anni ha svolto anche il servizio di confessore nella chiesa di San Domenico e il suo confessionale era sempre occupato, soprattutto dai giovani. La sua modestia poi era unica e lo portava a mettersi sempre agli ultimi posti: ricordo in particolare che partecipava a tutti i funerali, ma si metteva sempre all’interno del confessionale.

La sua liturgia in Sant’Agostino era caratterizzata dai canti e quasi sempre quelli popolari più antichi e lo faceva temendo che i fedeli li potessero dimenticare. La Chiesa di Sant’Agostino purtroppo non ha una buona acustica e lui ha cambiato nel tempo diversi impianti di amplificazione anche nella speranza che i fedeli potessero comprendere al meglio le sue omelie, le quali dimostravano tutta la sua cultura, soprattutto quando si soffermava ad analizzare il significato e l’origine di tanti vocaboli.

Tanti immigrati lo andavano a trovare ogni giorno per ricevere un obolo, ma anche per scambiare con lui, in inglese, le proprie opinioni. Aveva preso l’abitudine di mettere un cesto in fondo alla chiesa, quale invito a lasciare qualche pacco di pasta o di altro cibo e la mattina successiva li consegnava ai suoi amici poveri. Con ciascuno di loro era sorta una particolare amicizia, al punto che, una volta scomparso, tutti hanno sentito profondamente la sua mancanza.

Si può dire pertanto che don Giovanni non fu solo un uomo di cultura e di studio, ma soprattutto una fonte di amore per quanti, bisognosi, accorrevano a lui. Ha vissuto per tanto tempo nella casa accanto alla sua meravigliosa chiesa, dove i padri Agostiniani per diversi secoli hanno svolto la loro missione. Aveva poi deciso di trasferirsi nella vicina casa di riposo e lì, ogni mattina, celebrava la Messa. La funzione religiosa nella chiesetta dell’Assunta era sempre frequentata da un bel gruppo di fedeli i quali, terminata la Messa, si trattenevano un po’ di tempo a parlare con lui.

Dopo un anno dalla sua scomparsa, tutti i confratelli e i cittadini di Recanati non fanno altro che ricordare questo uomo di Dio. Una sua caratteristica molto evidente era quella di indossare i sandali senza calzini anche nei periodi invernali e veniva spontaneo pensare a quanto freddo dovesse sopportare. Posso dire di aver conosciuto proprio bene don Giovanni Simonetti e la mia stima e il mio affetto sono stati in continua crescita ed ero felice quando potevo incontrarlo e conversare con lui. Ricordo che quando ti incontrava ti stringeva entrambe le mani, esprimendo anche in questo modo la sua vicinanza affettiva e quando sapeva di qualche ammalato, lo andava subito a trovare e si tratteneva sempre per diverso tempo. Era con certezza un vero pastore di anime.

Ricordo anche, negli anni passati, il sindaco di Castelfidardo che si dichiarava ateo e che, seppure ammalato, non voleva saperne di ricevere i sacramenti. Quando capì però di essere giunto ai suoi ultimi giorni di vita, volle proprio solo don Giovanni al suo capezzale con la preghiera tuttavia che nessuno lo venisse a sapere. Avere avuto don Giovanni nella nostra Diocesi ha costituito una grande Grazia di Dio, i cui effetti permangono tuttora molto vivi.

fonte: http://www.emmausonline.it/2016/02/22/don-giovanni-simonetti-esempio-di-fede-e-sacrificio/

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